Michele Di Mauro è nato in Puglia nel 1973 e vive a Lanciano con la famiglia. È laureato in Medicina e specializzato in Cardiologia e Cardiochirurgia. Coltiva da diversi anni la passione per il Teatro, sia in qualità di attore e regista, che di sceneggiatore. Nel 2010 ha preso parte al progetto teatrale “Teatro Sociale di Pescara”, dedicandosi a pièce di denuncia civile, e dal 2015 dirige l’associazione culturale “Officina Culturale – La Torre di Babele”.
Nel 2013 ha pubblicato il suo primo romanzo “L’Uomo Carbone” per Sensoinverso Edizioni, dedicato alla tragedia di Marcinelle del 1956, con il quale nel 2014 si è aggiudicato il premio “Cesare Pavese” nella sezione medici scrittori. Nel 2015 ha pubblicato il romanzo “Kaleido, il circo delle donne” per Valletta Edizioni, incentrato sulla discriminazione di genere, attraverso la metafora del circo, aggiudicandosi il premio della giuria al I Festival “Charles Bukowski”. È autore anche di racconti brevi. Con il racconto “Vita, merda e morte!” è stato finalista al premio Racconti Brevi “John Fante” nel 2015.

Ma ora conosciamolo meglio tramite questa breve intervista.
Riporto di seguito le sue risposte senza modifiche, tagli o aggiunte da me apportate.
⁃ Per iniziare, c’è qualcosa di te, del tuo carattere, delle tue passioni che ti piacerebbe condividere con noi?
È sempre difficile parlare del proprio carattere, di se stessi. Normalmente preferisco lasciare agli altri tale giudizio. Molti mi riconoscono come “un animale socievole”. In generale cerco di vivere in serenità, un quieto “vivi e lascia vivere”.
Però mi trovo più a mio agio nel parlare delle mie passioni: scritture e teatro. Anzi sarebbe meglio invertire, almeno per questioni cronologiche, le due. Inizio con il teatro trent’anni fa e mi appassiono così tanto da frequentare anche una scuola e dei corsi. Negli ultimi anni ho avuto il privilegio di dirigere una compagnia di attori dalle grandi capacità professionali e umane: L’officina culturale la Torre di Babele.
⁃ Esistono uno o più libri o scrittori che hanno avuto una grande influenza nella tua vita?
Lo scrittore che più di tutti mi ha influenzato è sicuramente John Fante, ho adorato “Chiedi alla polvere”, Aspetta primavera, Bandini” e “la confraternita del chianti (oggi dell’uva)”. E con lui ho imparato a conoscere Bukowski. Amo molto anche gli scrittori sudamericani, da Marquez alla Allende, dalla Serano a Sepulveda ad Amado ma la lista potrebbe essere ancora molto lunga…
– Per quanto riguarda la lettura quali generi preferisci leggere? E l’amore per i gialli quando è nato?
La cosa strana è che non sono un incallito lettore di gialli. Ho letto diversi romanzi ascrivibili a questo genere, soprattutto Carofiglio, De Giovanni ma anche Grisham, Follet. Diciamo che non sono uno che si appassiona ad un genere in particolare. Amo, come molti, farmi catturare da copertina e incipit… poi si vedrà se la lettura sarà altrettando accattivante o meno. Diciamo che sono “onnivoro”.
⁃ Quando e come è nata la tua passione per la scrittura?
Come ho detto nasco teatrante e proprio a teatro mi cimento con la fase creativa, quella della scritture di un copione. La narrativa la considero uno “spin off”. Nel 2013, dopo tre anni di spettacoli in giro sul tema di Marcinelle, decido di utilizzare tutto il materiale e le idee raccolte in forma narrativa e così dallo spettacolo “l’uomo-carbone” nasce il romanzo omonimo. E visto che l’appetito vien mangiando, nel 2015 adatto un altro spettacolo teatrale alla forma narrativa, pubblicando “Kaleido, il circo delle donne”, una serie di racconti legati da un filo conduttore per narrare, attraverso la metafora del circo, la condizione di alcune donne. Per Burn out la storia invece è differente…
⁃ Com’è nata l’idea del tuo libro? Parlaci un po’ della nascita della tua pubblicazione.
La prima stesura di Burn out risale al 2017. È un romanzo che ha dei notevoli tratti autobiografici. Anch’io come molti dei personaggi descritti sono stato vittima di un burn out, cioè di un disagio psicofisico connesso al lavoro che interessa, in varia misura, diversi operatori e professionisti che sono impegnati quotidianamente e ripetutamente in attività che implicano le relazioni interpersonali. Sono molto spesso i conflitti che nascono in queste relazioni che determinano questa sindrome. Quanto accaduto a me ha fatto il paio con un fatto di cronaca di quel periodo in cui una dottoressa a causa di una sindrome da burn out si era suicidata e così è scattata la scintilla che ha dato vita a questo romanzo. È stata una esigenza, quella di raccontare quello che può accadere nel mio mondo…

⁃ Come è stata scelta l’ambientazione del tuo delitto? C’è qualcosa che ti lega al “mondo” ospedaliero anche nella realtà?
È stato naturale, sulla base di quanto detto finora, ambientare il mio romanzo dove vivo gran parte delle mie giornate. Io infatti sono un medico, per la precisione sono un cardiochirurgo, specializzato anche in cardiologia. Quindi la scena del delitto non poteva che essere un reparto ospedaliero. Ma nel romanzo ho amato anche descrivere il mio paese di origine, Lesina, un borgo situato in una posizione invidiabile, tra lago, mare, campagna e montagna. Una vera e propria cartolina!
⁃ I tuoi personaggi hanno caratteristiche di persone a te vicine o sono completamente inventati?
Pur nella loro genesi “fantastica”, in alcuni rivedo persone che ho incontrato nel mio cammino professionale e umano. Alcune le re-incontrerei volentieri, di altre ne farei a meno volentieri. Poi ovviamente ci sono personaggi utili alla storia che nascono e vivono solo dopo averli incontrati nelle pagine del mio romanzo. Prima non ne avevo avuto occasione! Tra di essi, l’esempio che mi sovviene a primo colpo è quello del commissario Del Prete. Mi sono divertito a plasmare il suo personaggio, partendo come uno scultore da un blocco di pietra, la stessa cosa che fa poi la sua dottoressa e amica nel romanzo. Ecco uno come del Prete non l’ho mai incontrato. È uno di quei personaggi che non saprei collocare sulla lavagna, se tra i buoni o i cattivi, ma in fondo, dopo aver finito e riletto Burn out mi sono convinto che nessuno di essi è veramente buono o cattivo…. sono semplicemente vivi.
⁃ Hai trovato difficoltà durante la scrittura o dopo? Se si quali e in caso contrario, cosa ti stimolava a proseguire nella scrittura?
Devo dire che la prima stesura di Burn out è venuta di getto, in 15-20 giorni era terminato. Poi l’ho lasciato decantare per un po’ perchè rileggendolo tutto mi sembrava filasse e così mi sono convinto che bisognava trovare un modo per estraniarsi ed evitare l’effetto “ogni scarafon è bell a la mamma soia!”. Ho impiegato quasi un anno prima di risedermi davanti a quelle pagine e rileggerlo con maggiore spirito critico e lì sono venuti fuori tanti problemi che poi ho risolto attraverso un meticoloso lavoro di revisione del testo, dei personaggi, anche grazie all’aiuto del mio editor Luigi La Rosa a cui devo tantissimo. É stato fondamentale per dare tridimensionalità a tutti i personaggi, per sfaccettarli, per renderli appunto vivi e indipendenti… e per limare il superfluo.
⁃ Cosa vorresti che “rimanesse” a chi legge il tuo libro?
Bella domanda! Ho scritto Burn out come atto catartico. Ho pensato di racchiudere alcuni dei miei spettri in quelle pagine, ma poi mi sono reso conto che avevo l’obbligo di “denunciare” lo stato reale delle cose che “possono” accadere in un reparto ospedaliero. In questi due anni, noi medici ci siamo spesso sentiti definire eroi, e devo dire che i colleghi in prima linea nella lotta al covid lo sono stati realmente, ma in ogni ambiente ci sono luci e ombre e a me andava di mostrare queste ultime, di raccontare i giochi di potere, i metodi despotici, il “SISTEMA” che è spesso ai vertici e gestisce il potere. Ma chi leggerà Burn out troverà anche tanta passione per questo lavoro, una passione che non appassisce nemmeno di fronte a quanto descritto. Si può deviare dalla propria strada, ma la meta resta sempre quella di curare le persone ed è quello che molti dei miei personaggi continuano a fare, nonostante tutti gli accadimenti.
⁃ Cosa si prova a vedere pubblicato il proprio libro?
Come ho detto non è il mio primo romanzo, ma devo ammettere che la pubblicazione di Burn out (per la quale ringrazio Mario Ianieri della Ianieri edizioni che ha creduto da subito in esso), è stata un’emozione particolarmente intensa proprio perchè quei personaggi avevano voglia di gridare le loro pene e io volevo essere il loro megafono… senza la pubblicazione, sarei rimasto l’unico ad ascoltarli.
⁃ Hai altri progetti in vista? Magari un altro libro?
Si, ho un nuovo romanzo in cantiere, un romanzo che racconta un viaggio attraverso il deserto ed il mare di alcuni migranti… ma siamo ancora a metà strada di questo nuovo viaggio.
⁃ Ci sono dei consigli che vorresti dare ad aspiranti scrittori/scrittrici?
Beh! Non sarei in grado di snocciolare consigli perchè sono ancora qui che “aspiro”, ma se proprio devo suggerire qualcosa, direi armatevi di passione e di pazienza perchè dopo che si è finito di scrivere un romanzo, la parte facile è terminata e bisogna affrontare quella difficile…. farlo pubblicare.
⁃ C’è altro che vorresti aggiungere o di cui vorresti parlarci?
Una cosa a cui tengo in maniera particolare è la finalità economica di questo libro. I ricavi del sottoscritto infatti sono interamente devoluti alla Fondazione Cuore Domani che si occupa di ricerca in ambito cardiovascolare, di creare borse di studio per giovani cardiochirurghi e conoscendo bene il funzionamento e le necessità di questa Fondazione ho deciso da subito di mettere a loro disposizione i ricavi di questo romanzo, per cui compare Burn Out ha due valenze, leggere cosa è accaduto alla dottoressa Morsi e cosa si cela dietro al bianco di un camice ospedaliero e aiutare la ricerca sulle malattie cardiovascolari.
A questo punto auguro a tutti buona lettura!
Per l’acquisto del libro di questo autore, o per maggiori informazioni, potete trovare tutto quanto sui principali store del web e, nel mio articolo di qualche giorno fa, potete trovare trama e recensione.
Buona lettura!
